La Musica visibile. Spartiti illustrati del XIX e XX secolo
a cura di Franco Dell’Amore
Istituto Musicale G. Lettimi, via Cairoli 44, 28 aprile – 15 luglio 2018
Esiste una tipologia di criteri nell’illustrare un brano musicale? L’attenzione sul rapporto testo-immagine, assillo degli editori degli spartiti esposti, è la questione che si vuol porre. Tuttavia, il vero problema è la mancanza di una teoria della rappresentazione pittorica e grafica della musica.
«L’immagine al servizio della musica» potrebbe essere il sottotitolo aggiuntivo a quello scelto. La relazione fra contenuto musicale dello spartito e la sua descrizione grafico-pubblicitaria è il luogo mentale del tutto ignorato dai musicologi, così come dagli storici dell’illustrazione. Non mancano autorevoli contributi sulla storia dell’illustrazione italiana e dell’editoria musicale. Abbondano, invece, raccolte iconografiche senza un’indagine analitica. Tuttavia la questione è più complessa e riguarda il come la musica può essere rappresentata con immagini. L’esposizione offerta potrebbe diventare quindi un prolegomeno per future indagini.
L’ambizioso intento è quello di creare una griglia di classificazione per tipologie e con tale strumento interpretare alcune stampe di influenti illustratori e prestigiosi editori musicali. Per tali presupposti, la proposta di classificazione che segue dovrà essere considerata un semplice (forse banale) tentativo.
Griglia interpretativa:
– L’illustrazione calligrafica ovvero la lettera come immagine
– Le cornici al testo ovvero la grafica de-contestualizzata e decorativa
– L’illustrazione a piena pagina e il fondo decorativo
– L’illustrazione didascalica
– Il ritratto dell’interprete e l’introduzione della fotografia
– La notazione come illustrazione ovvero il contenuto è la forma (non presente in mostra)
– Sincretismo tra i precedenti criteri illustrativi
Da quando si iniziò a sperimentare la stampa musicale nel XVI secolo e fino al 1800, vi fu una profusione di titoli ornati, titre-cartuche, sia per la produzione musicale religiosa che per quella profana in forme pressoché identiche. La xilografia venne associata ai caratteri mobili per consentire l’inserimento di illustrazioni. Si impiegarono angeli musicanti, gruppi strumentali o singoli strumenti musicali, allegorie e figure di Santa Cecilia che incorniciavano o affiancavano i titoli delle composizioni.
Il periodo dell’illustrazione musicale sotto forma di grandi tavole con incisioni su rame – bulino e acquaforte – iniziò col XVII secolo. Un’illustrazione documentaria sostenuta da costumi e decorazioni, più teatrali che musicali. Del resto fu l’opera ad avere il sopravvento ed essere messa in scena, sui palcoscenici come sui libri a stampa. Era il «teatro rappresentato». Prese avvio in quel secolo anche l’iconografia musicale ovvero i ritratti incisi dei compositori e dei cantanti sotto forma di medaglioni ovali.
Si abbandoneranno, col XVIII secolo, le grandi tavole incise e le grandi figure esplicative. Le raccolte di arie famose avranno i titoli incorniciati, i cartigli, i decori rocaille, gli amorini appassionati d’arte e di musica che prendono parte alla scena. Nello stesso tempo, vi erano frontespizi assai più semplici con titoli a lettere stampate che assumevano particolari soluzioni grafiche. Il titolo stampato sostituirà sempre più il titolo inciso, passando dal disegno alla scrittura. Le incisioni diverranno poi un’eccezione. Al termine del secolo XVIII, assieme ai ribaltamenti politici, la litografia (pietra e torchio) rivoluzionerà l’editoria musicale aumentando le possibilità espressive degli artisti, il numero di copie e la velocità di stampa rispetto alla calcografia.
Per eseguire una litografia si disegnava direttamente sulla parte piana della pietra con una matita o pennello che stendeva una sostanza grassa. La pietra veniva poi trattata in modo da consentire all’inchiostro di aderire alle sole parti grasse. Si sarà intuito che il disegno sulla matrice di pietra doveva essere costruito in modo speculare. Dalla metà dell’Ottocento, la nuova tecnica litografica soppiantò tutti gli altri sistemi di stampa aumentando la qualità, la tiratura degli esemplari e dando inizio alla storia degli spartiti illustrati.
Tuttavia, in molti casi, si continuò ad utilizzare le lastre di rame incise per la sola parte musicale mentre la litografia veniva impiegata per realizzare la copertina o per i frontespizi. L’immagine associata alla musica non era un’esigenza dei musicisti fruitori, bensì un costoso complemento grafico rivolto ad accattivare l’attenzione di un pubblico meno professionale, come se la copertina di spartito fosse una scatola di cioccolatini. L’impressione di essere davanti ad un’opera pittorica venne con la cromolitografia che prevedeva il riporto del disegno direttamente sulla pietra con pennelli intrisi di inchiostro litografico.
Si utilizzavano tante pietre quanti erano i colori da stampare. Al principio del Novecento, il cliché al tratto veniva preparato attraverso grafismi molto dettagliati incisi su forme in gesso in cui si versava piombo fuso. La tecnica, già sperimentata sin dal Settecento, permetteva la realizzazione di contro-forme con i grafismi in rilievo e raffinate immagini in bianco e nero. La fototipia era una tecnica – conseguente all’invenzione della fotografia – che consentiva di realizzare gradazioni tonali impossibili con la litografia, tuttavia non poteva essere utilizzata per stampare neri intensi o segni al tratto. Una lastra veniva ricoperta di gelatina fotosensibile e su questa applicata una pellicola con l’immagine da riprodurre. Le parti di gelatina esposte alla luce indurivano, le altre subivano una lieve depressione. Le parti indurite corrispondenti ai grafismi potevano ricevere l’inchiostro e assumere l’aspetto di una pietra litografica.
Dopo la litografia, la tecnica maggiormente utilizzata per la stampa degli spartiti musicali è stata la zincografia: una tecnica di stampa industriale che consisteva nel trasferire su di una lastra di zinco i disegni realizzati su una carta di decalco.
Le parti non disegnate venivano incise con una leggera morsura di acido nitrico ottenendo così grafismi in rilievo che potevano essere stampati. La stampa offset (fuori-contatto), ultima in ordine di tempo ad essere praticata, consiste nel trasferimento dell’immagine su di una lastra di caucciù e successivamente sulla lastra che riporta l’inchiostro sul foglio di carta. Col procedimento offset si possono ottenere ottime definizioni e alte risoluzioni nei cromatismi, tuttavia l’immagine ottenuta non può considerarsi un originale perché la stampa è indiretta essendovi uno strato intermedio (rullo di caucciù) tra lastra ed inchiostro. In altre parole, vi sono tre rulli che concorrono alla stampa in rotocalco. Per questa tecnica vengono utilizzati negativi fotografici opportunamente trattati con retini che sulla carta determinano una fittissima rete di puntini cromatici.
Il repertorio di 57 illustrazioni presi in considerazione e presentate al pubblico proviene da una raccolta di qualche migliaia di spartiti musicali editi tra il 1840 e il 1933. Vengono qui proposti tre diversi tipi di lettura. L’ordine cronologico degli spartiti induce a porre l’accento sugli stili artistici (naturalistico, satirico, rocaille, art nouveau, liberty, art déco, ecc.). Una seconda lettura è associabile alle tecniche di stampa (xilografia, acquaforte, litografia, pochoir, cromolitografia, zincografia, cliché al tratto, fototipia, offset).
Non ultimo, l’interesse può essere rivolto al rapporto fra contenuto musicale e realizzazione grafica della copertina così come esplicitato nella prova di griglia interpretativa.
Tutti i documenti esposti fanno parte delle collezioni musicali di Casa Dell’Amore (Cesena).