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L’acqua disegna

a cura di Franco Pozzi
in collaborazione con Romagna Acque

FAR Fabbrica Arte Rimini Piazza Cavour, 23 aprile – 10 luglio 2016

Solcando i terreni e scavando le rocce, inondando i campi e ramificandosi nei fossi, l’acqua crea disegni che mutano per stile e forma in ordine alla sua naturale relazione con le materie del mondo.
La visione satellitare, ormai divenuta di uso quotidiano, restituisce a ognuno di noi la percezione di quanto i percorsi dell’acqua influiscano sul profilo dei luoghi. Lo scaturire delle sorgenti e la discesa a valle dei corsi, il loro confluire in alvei più grandi, ma anche la sosta imposta dalle conche che formano i laghi o il diversificarsi delle foci, mutano in modo consistente l’aspetto di un territorio.
Se immaginiamo le Terre emerse come corpi, le vie d’acqua certamente ne costituiscono il sistema di irrorazione, fatto di vene, arterie e capillari. Forse, secondo la medesima metafora, le strade costruite dall’uomo strutturano l’apparato nervoso del paesaggio, spesso affiancato e intersecato a quello venoso.
Oltre al loro adattamento al tipo di suolo incontrato, i corsi idrici hanno creato le condizioni intorno alle quali si sono concentrate le opere umane. Le città sono nate sempre in prossimità di fiumi, di laghi o di coste marine. Non solo i mulini o i maceri, non solo le fabbriche o le imprese che hanno usato i flussi come energia e come elemento dinamico, ma tutte i momenti dell’esistenza e dell’operosità del nostro genere si coniugano in modo vitale con l’acqua.
L’Acqua è uno dei quattro elementi che, sin dall’antichità, sono stati definiti come fondativi del cosmo. Oltre all’Aria, alla Terra e al Fuoco è l’Acqua a impastare la materia e a modellare le forme del pianeta, a dare vita e ristoro. Che tutta l’acqua del mondo sia la stessa di sempre, che ha la capacità di rigenerarsi e di tornare, lo si è compreso da secoli. Dei quattro elementi è forse il primo a essere stato interpretato come ciclico e anche in questo vi è un disegno.
L’evaporazione invisibile dei mari ha qualcosa di spirituale, di elevazione della materia; l’assorbenza spugnosa delle nuvole, che da immacolate si incupiscono al pari di volti rabbiosi, fino a grondare pioggia e a chiedere voce al vento ha un valore simbolico di restituzione che il cielo fa alla terra. Ma anche il filtro che la stessa terra opera sul liquido, attraverso la porosità del mondo minerale, attua una purificazione che rimette a disposizione del mondo l’elemento principe della vita.
Ma il disegno dell’acqua nel grande foglio del mondo è dato soprattutto dal suo scorrere verso i mari. Il mare è, in qualche modo, l’acqua che dipinge, che colora il pianeta, che lo intona allo specchio del cielo, ma l’acqua disegna quando crea fiumi, quando traccia solchi e argini, fossi e ruscelli. L’uomo ha poi portato l’acqua a disegnare percorsi più geometrici, dai primi acquedotti romani, che hanno trasformato le campagne, arricchendole di archi e strutture che da subito parlarono dell’ingegno e della forza dell’uomo di modificare il proprio destino naturale. Ma rientrano, nei variegati stili attraverso i quali l’acqua disegna, anche le più recenti infrastrutture, la rete di tubazioni e di canali di distribuzione, le vasche di filtraggio e di depurazione, fino a parlare delle fontane che hanno ispirato, lungo la storia dell’arte, espressioni meravigliose fatte di disegno, di scultura e architettura.
Infine, del disegno che l’acqua traccia all’interno del corpo umano è materia che sarà in qualche misura toccata dalla mostra che, in questa Biennale Disegno 2016, parla di Umano paesaggio.

Massimo Pulini

 

L’acqua e le immagini del territorio romagnolo nelle Raccolte Piancastelli: dall’utile al pittoresco.

La grande collezione che Carlo Piancastelli realizzò fra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi quarant’anni del Novecento, ha come fulcro tematico un territorio, la Romagna, che il collezionista ha documentato attraverso l’inesausta  raccolta di fonti diverse, a volte apparentemente incongrue per tipologia, come gli archivi di grandi famiglie, i carteggi, le mappe, i cabrei, gli oggetti, le opere d’arte, gli spartiti musicali, le opere letterarie e le cartoline, espressioni di un ininterrotto processo formativo, costitutivo e organizzativo della realtà culturale e ambientale di quell’insieme policentrico di luoghi che caratterizza la nostra terra.
I materiali conservati all’interno della Sezione Stampe e Disegni delle Raccolte forlivesi, descrivono questo spazio nei suoi essenziali tratti geografico-economici, nei suoi profili antropici, ne illustrano l’evoluzione storica attraverso testimonianze cartografiche, artistiche e fotografiche che ben rappresentano l’interesse di Piancastelli – proprietario terriero titolare di un’azienda agricola modello della Bassa Romagna – per le vicende idrografiche del territorio compreso fra Primaro e Savio, oggetto in ogni epoca di una serie continua di prosciugamenti, drenaggi, bonifica di paludi, inalveazione di fiumi, creazione di canali.
La lunga narrazione tracciata in queste carte che il passato ci consegna, ci parla di una lunga lotta messa in campo per salvare la terra dalle acque, ci parla di argini e di canali che hanno lungamente disegnato l’immagine del nostro territorio e che lo disegnano ancor oggi. Questo reticolo, questa trama possente fatta d’acque, ci parla di lavoro, di una conquista difficile e ardua, di una difesa strenua di terre e di campi, di torrenti e di strade e ci consegna l’immagine di un paesaggio e di uno spazio umano denso di umori etnografici e antropologici che ci raccontano la fatica e l’operosità,  certamente non eroica e non idilliaca, della gente di Romagna.
Accanto alle mappe e ai cabrei, i disegni e le incisioni delle Raccolte ci raccontano anche l’identità poetica di un mondo e un modo di osservare il paesaggio che si è andato sedimentando nel tempo e ci restituiscono un’organizzazione visiva e figurativa dello spazio che è debitrice della tradizione della pittura e della scenografia teatrale e che si è impressa nella nostra memoria collettiva.
Se è vero, come è stato giustamente affermato, che “il paesaggio è l’anima indiscutibile della visualità dell’Ottocento” – dopo l’abbandono della pittura di storia e di allegoria da parte degli artisti che si dedicarono alla descrizione dell’ambiente – i disegni di Felice Giani e di Romolo Liverani, conservati nelle Raccolte forlivesi e  prestati per questa occasione, sono elementi fondanti di questa visualità, di questo “sistema di forme” e di questo sguardo sul paesaggio romagnolo.
I paesaggi realizzati da Felice Giani ad inchiostro bruno per la serie Galleria Romagnola e quelli a matita grassa del suo Album di viaggio da Faenza a Marradi, rappresentano un vero itinerario per immagini, disegnato dal geniale pittore neoclassico piemontese durante i suoi soggiorni romagnoli del 1794 e del 1809. In questi fogli le cascate del Lamone assumono una forte accentuazione emozionale. Nella sproporzione fra uomo e natura il pittore interpreta lo spazio reale in modo soggettivo e sentimentale, e rivela la sua adesione alle inquietudini e all’estetica del pittoresco. In particolare nelle vedute delle cascate, dei ponti sui fiumi, l’acqua – unica e preziosa fonte energetica in epoca preindustriale da sfruttare per i mulini e gli opifici – si spoglia della sua connotazione reale e utilitaristica e diviene elemento estetico del paesaggio trasfigurato e idealizzato.
Questa temperatura emozionale si ritrova qualche decennio dopo, in ideale continuità, negli scorci di paese, nelle immagini delle rovine di rocche e castelli, delle pinete e delle cascate raffigurate sullo sfondo di cieli tempestosi e temporaleschi, e nei suggestivi notturni dei disegni del grande scenografo faentino Romolo Liverani, che fissò, negli anni tra il 1830 e il 1860, l’immagine di una Romagna romantica, interpretata con lo sguardo dell’uomo di teatro, che trasforma piazze e palazzi in quinte scenografiche, calandole in atmosfere di sospensione e spaesamento.
Dalla sua penna, grondante di inchiostri notturni, sono nate le vedute del mulino di Coccolia e delle cascate dell’Acquacheta che si espongono in mostra, e tantissimi “ritratti” di città, destinati a far da modello per generazioni di incisori e vedutisti, fino ad influenzare l’angolazione di ripresa di tante immagini scattate dai pionieri della fotografia fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

Antonella Imolesi Pozzi
Responsabile Fondi Antichi, Manoscritti e Raccolte Piancastelli
Biblioteca comunale “A. Saffi” Forlì