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La linea continua. Disegni dei Musei Civici di Reggio Emilia. Da Lelio Orsi a Omar Galliani

a cura di Alessandra Bigi Iotti, Alessandro Gazzotti, Elisabetta Farioli, Giulio Zavatta

Museo della Città via Tonini 1, 23 aprile – 10 luglio 2016

 

Giorgio Vasari nelle sue Vite del 1568 definisce “anticamente moderno” Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello e protagonista del rinnovamento del linguaggio classico nel Cinquecento. Nel passato, come spesso anche nell’arte contemporanea, alla base di un opera c’era sempre un’altra opera. L’importanza di un artista si misura pertanto nella capacità di ereditare e rielaborare una tradizione di immagini in un linguaggio nuovo, originale e “moderno”.
I Musei di Reggio Emilia possiedono un tesoro costituito da migliaia di disegni dal Cinquecento al Novecento. Un tesoro “nascosto” perché la fragile natura di queste opere su carta non consente la loro esposizione se non per periodi limitati di tempo. Con l’occasione della pubblicazione del volume sui disegni antichi dei Musei Civici di Reggio Emilia, promossa dalla Fondazione Manodori di Reggio Emilia,  presso Palazzo dei Musei è stata  organizzata una esposizione che ha presentato una selezione della collezione di disegni proponendo un ideale dialogo tra opere antiche, opere del XIX secolo e del Novecento e disegni contemporanei. Prezioso contributo all’iniziativa espositiva è stata la sezione curata dall’artista Omar Galliani, tra i protagonisti del disegno contemporaneo. Prendendo spunto da un foglio di Antonio Fontanesi, Galliani ha offerto con una nuova grande opera un’interpretazione attuale dei temi del passato, disponendo poi in una sezione della mostra una piccola antologica in costante e serrato dialogo con alcuni disegni antichi. La mostra – curata da Alessandra Bigi Iotti, Elisabetta Farioli, Alessandro Gazzotti, Giulio Zavatta –   viene ora riproposta in forma integrale alla Biennale del disegno di Rimini.

ISPIRAZIONI – I Musei Civici di Reggio Emilia conservano il più importante nucleo di disegni e studi di Prospero Minghetti (1786-1853) – il più noto rappresentante in città del gusto neoclassico e maestro dei più importanti artisti reggiani dell’Ottocento. Vennero donati insieme al complesso di “libri, modelli, disegni antichi o stampe dei quali Minghetti amò circondarsi e per la formazione della sua cultura artistica e letteraria e per la esecuzione delle sue opere di pittura”.
La sua collezione personale di disegni è dunque strumento essenziale del suo metodo di lavoro. L’artista si ispira in particolar modo alla grande tradizione bolognese: innanzitutto i Carracci e Guido Reni, artisti attestati in alcuni fogli della sua collezione oggi dispersi, ma anche Marcantonio Franceschini (1648-1729), Francesco Monti, Gaetano e Ubaldo Gandolfi (1734-1802; 1728-1781). In mostra lo Studio di nudo di Gaetano Gandolfi è stato così affiancato a un analogo foglio concepito dal pittore reggiano intorno al 1810. Altri disegni documentano l’attenzione di Minghetti anche verso alcuni modelli esemplari della cultura veneta, e in particolare le opere derivate da Jacopo Bassano (1510c.-1592) e di Jacopo Palma il Giovane (1548-1628).
MODERNAMENTE ANTICHI” Le raccolte reggiane dei disegni antichi provengono in larga parte dalla collezione di Giulio Ferrari e dalla collezione di Antonio Villani Il lungo lavoro di ricerca ha consentito di individuare, per alcuni disegni , l’opera per i quali essi furono ideati. Si tratta di disegni cosiddetti “preparatori”: dai progetti per dipinti, come quelli di Antonio Bellucci (1654-1726), Palma il Giovane (1548-1628), Alessandro Turchi detto l’Orbetto (1578-1649), Giovanni Maria Morandi (1622-1717) a quelli per affreschi, come nel caso dei disegni di Ubaldo Gandolfi (1728-1781), Angelo Michele Colonna (1604-1687) e Vittorio Maria Bigari (1692-1776), fino a studi per incisioni e libri, come nell’esempio di Giacomo Giovannini e addirittura di particolarissimi oggetti d’arte, come nel caso del disegno di Carlo Maratta (1625-1713), foglio preparatorio per il quadrante di un orologio notturno.
La “modernità” dei maestri antichi trova ideale continuità nelle opere di artisti del Novecento che hanno lasciato importanti tracce nelle collezioni del Museo di Reggio: Giovanni Costetti (1874-1949), Renato Marino Mazzacurati (1907-1969), Giulio Aristide Sartorio (1860-1932), Pompilio Mandelli (1912-2006). Gli inediti accostamenti svelano prospettive e punti di vista differenti con cui guardare i fogli antichi e rivelano, al di là dell’epoca e del contesto che li ha prodotti, inaspettate affinità.
IN POSA” La sezione è dedicata in particolare ai disegni di nudo, pratica consueta nelle accademie, necessaria ai giovani artisti per raggiungere la padronanza della rappresentazione delle proporzioni umane.
La maggior parte degli studi di nudo esposti proviene dal Liceo Istituto d’Arte Chierici di Reggio Emilia. Le esercitazioni dal vero di nudo coprono un lungo arco temporale dai primi decenni dell’Ottocento agli inizi del Novecento, attraversando le diverse stagioni artistiche del Neoclassicismo (Prospero Minghetti, Cosmo Cosmi), del Romanticismo (Domenico Pellizzi, Alfonso Chierici e Adeodato Malatesta), del Verismo (Gaetano Chierici), fino al Simbolismo (Augusto Mussini).
I rimandi continui tra tradizione e innovazione, tra neoclassicismo e simbolismo contraddistinguono poi la serie dei “Putti” e quella delle “Danze”, in un sorprendente fil rouge tra il segno accurato di Minghetti, l’eleganza già estenuata delle forme di Costetti e il tratto sintetico di Sartorio. Anche l’esercitazione didattica su singole parti anatomiche caratterizza la formazione degli artisti dal Rinascimento in poi, come mostra l’affiancamento tra uno Studio anatomico di epoca cinquecentesca e probabilmente di ambito veneto, e il foglio di Domenico Pellizzi (1818-1875). Mentre il Nudo maschile stante, fortemente stilizzato, del senese Alessandro Casolani (1552/53-1607) dialoga, nella posa delle braccia alzate, con l’interpretazione del nudo già pienamente libera da ogni condizionamento accademico nell’icastico tratto novecentesco di Pirro Cuniberti.
FONTANESI E IL DISEGNO” La pratica del disegno accompagna l’intenso percorso artistico di Antonio Fontanesi (1818-1882), dalle prime prove più descrittive dei suoi anni reggiani ai fogli che segnano le inquiete sperimentazioni della sua ricerca più matura. Appartengono alla collezione di Reggio Emilia sei disegni tra cui due opere giovanili, il ritratto di Rodolfo Conzetti,e soprattutto l’importante Ingresso di un tempio in Giappone una delle poche opere dell’artista riferibile al suo soggiorno giapponese. Alla collezione Villani, appartiene un Paesaggio con albero sul cui retro compare un sintetico ritratto femminile, uno dei pochi disegni di figura oggi noti dell’artista. Proprio questo disegno è stato scelto da Omar Galliani per la sua personalissima interpretazione, esposta per l’occasione.
DAL VERO” Nell’ambito dei disegni di paesaggio si propongono alcuni accostamenti che consentono di seguire i diversi approcci al tema della rappresentazione della natura. Alla grafia chiara del foglio di Carlo Antonio Tavella, eseguito a Genova nel 1701, viene accostata una veduta di Prospero Minghetti (1786-1853), mentre una sua puntuale descrizione di un dirupo roccioso ritrova un precedente nell’analogo soggetto dell’emiliano Pietro Giovanni Palmieri, attivo nel XVIII secolo. Al secentesco foglio di Cantagallina, fanno da contrappunto le più minute descrizioni dei fogli della cerchia di Palmieri, l’emozionale interpretazione di Francesco Fontanesi (1751-1795) e la rappresentazione tratta dall’album di Giovanni Fontanesi (1813-1875), ancora romantica all’uso della luce. L’accostamento tra le seicentesche vedute marine di Baccio Del Bianco, e la pagina dell’album di Domenico Pellizzi (1818-1875), contrasta con la rappresentazione tutta d’invenzione del foglio di Romolo Liverani (1809-1872). Il motivo della veduta di città è rappresentata con fogli del XX secolo in cui diversi artisti, da Giovanni Costetti a Graziano Pompili, si esprimono in un progressivo sforzo di sintesi, che dall’esigenza di rappresentazione approda a una più concettuale ripresa del motivo urbano.
CARATTERI” Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto (1591-1652) è considerato uno degli incisori e disegnatori più inventivi del suo tempo. I Musei di Reggio Emilia possiedono un esemplare della fortunatissima serie delle Teste grottesche, nota attraverso disegni e incisioni. Il vecchio barbuto, è reso con un segno fortemente inciso, sottile e tormentato e ha come modello le famose Teste grottesche di Leonardo. Non diversamente, la Testa d’uomo di profilo di Giovanni Costetti (1874-1949), al limite della deformazione espressionista, attinge invece alla tradizione del ritratto umanistico quattrocentesco, probabilmente nordico.
Maestro indiscusso della ripresa “dal vero” fu Gaetano Chierici (1838-1920): il suo  Ritratto d’uomo  dialoga con il Ritratto di giovane a mezzo busto di Bernardino Poccetti (1548-1612), rappresentante della riforma fiorentina della fine del Cinquecento. La distribuzione sapiente delle luci con la biacca spiccano nell’originale Studio di testa di Prospero Minghetti, nel quale la parte del busto, non finita, è occupata da uno schizzo con una testa femminile classica. Nell’Autoritratto di Ottorino Davoli (1888-1945), invece, la forma si è dissolta, la linea di contorno è divenuta gesto, segno potentemente espressivo. Il volto è paesaggio dell’anima.
FINZIONI” Particolarmente significativo il corpus di disegni di scenografia, che coprono un arco cronologico che va dalla fine del XVII secolo alla metà dell’Ottocento, e testimoniano la vitalità di una ricerca artistica che vede molti protagonisti reggiani attivi sulle scene dei principali teatri europei. Il passaggio a Reggio Emilia dei fratelli Bibiena tra il 1688 e il 1696 rappresenta una svolta per la produzione artistica locale, in grado di esprimere personalità come Giovanni Antonio Paglia e Prospero Zanichelli (1698-1772) fino a Francesco Fontanesi (1751-1795),  La scenografia romantica è rappresentata dai fogli di Alessandro Prampolini   e poi di Giulio Ferrari.

Tra i disegni di architettura sono state scelte alcune vedute di cupole, soffitti e “sott in su”, ad accompagnare l’esposizione del disegno preparatorio di una importante opera d’arte contemporanea realizzata nel 2004 dall’artista americano Sol LeWitt per il soffitto della Sala lettura della Biblioteca Panizzi. Il grande cartone di Cirillo Manicardi rappresentante L’Usura che sotto forma di scheletro schiaccia l’umanità (cartone per la decorazione poi non realizzata per la facciata del Palazzo del Monte di Pietà), insieme a disegni e bozzetti per la decorazione del Palazzo della Cassa di Risparmio di Via Toschi, testimoniano l’impegno dell’artista nella pratica del disegno a cui in questi anni affida l’espressione delle sue nuove idee artistiche aggiornate alle ricerche dell’ art nouveau.
DAI DISEGNI RITROVATI” è la sezione curata da Omar Galliani, protagonista del disegno contemporaneo. Viene esposta la grande opera  ispirata al disegno di Antonio Fontanesi del Museo accanto a una selezione di carte realizzate negli anni Settanta che si pongono in serrato dialogo con alcuni disegni antichi e dieci tavole tratte dal libro in poesia di Gian Ruggero Manzoni “Nel vortice delle acque superiori”.

DAI DISEGNI RITROVATI
Cosa avrà letto la fanciulla seduta con in mano un libro nel piccolo disegno di Antonio Fontanesi? Lo avrà letto o lo stava aprendo per la prima volta guardando davanti a se il paesaggio nell’ora del tramonto o all’alba? Forse era sotto lo stesso albero disegnato sul recto del foglio? Forse aspettava qualcuno? lo stesso Antonio che poi l’avrà fatta posare per qualche istante prima di chiudere il cavalletto sul tocco di biacca dell’ultimo paesaggio della sera? Quale era il suo nome? Non lo sapremo mai. Forse una contadina o la figlia del fioraio visto che un’altra piccola presenza avanza sul fondo del foglio in un fragile tocco di matita. Antonio non ha dipinto molte figure preferendo paesaggi, paesaggi dell’anima direi più che “en plein air”. Nel tempo i suoi paesaggi si sono tinti di tramonti o albe dove uomini o donne sembravano colti in pose di malinconici crucci interiori. I ruscelli, i pioppi verdeggianti o morti, le scie di luce al tramonto o di nebbie padane al mattino portavano in quei cuori malinconie romanze, sospese anche nel vuoto del foglio di questa piccola “lei” mai dipinta. Forse tra le mani stringeva l’album di schizzi di Antonio? Un’amante segreta? Una figlia senza nome? Un incontro casuale sul greto di un torrente o un disegno a memoria in ricordo di questa fanciulla conosciuta per un istante e mai più rivista dopo la sua partenza per il Giappone. Forse l’avrà dipinta a Tokyo ed è oggi appesa in qualche collezione di quel lontano paese dove la pittura era d’inchiostro e le donne vestivano di sete fiorite e i fiori di pesco si sostituivano ai pioppi della sua grande pianura? Forse l’avrà rivista al ritorno nello sfiorire degli anni e quel disegno l’avrà chiuso in un cassetto insieme a tanti altri fogli poi dimenticati tra Torino e Reggio Emilia.I disegni a volte nel tempo restano muti, per sempre e nel loro siderale silenzio compiono viaggi straordinari che non riusciremo mai a ricostruire. A volte gli storici dell’arte per vanità gli attribuiscono itinerari o geografie inventate. Qualche settima fa sono stato gentilmente invitato a sfogliare una cartella contenente tanti magnifici disegni appartenenti ai Musei Civici. Il primo che ho visto era di Antonio, l’ho scelto ed e’quello che mi ha accompagnato in questo viaggio. Un lento ritorno a casa. Oggi nel mio studio tra altrettanti disegni chiusi in un cassetto ho cercato di ridare voce a quel foglio pensando ad una “lei” che oggi guarda e rilegge quel disegno, quei 2 disegni.Non è il tempo ad allontanarsi da noi e a lasciarci soli e sgomenti, dovremmo essere noi a rallentarne l’oblio. La rivisitazione dell’opera esige rispetto. Il suo silenzio chiede rispetto. Sta a noi cercare quel piano inclinato tra ieri e oggi che possa rigenerarsi all’interno dell’opera stessa. Il viaggio non e’ interrotto. L’opera si rigenera su se stessa. Il rallentamento del codice ci permetterà ancora una volta di restituirci la “visione” affidandoci anche soltanto ad una tenera e semplice “matita”.

Omar Galliani, Freccia Rossa Milano Reggio Emilia AV, 17 Novembre 2015, ore 19,30.