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Giancarlo Valentini. La libertà del grafico

Castel Sismondo piazza Malatesta, 23 aprile – 10 luglio 2016

 

Figlio d’arte del pittore Mario– noto maestro del Novecento artistico riminese che aveva saputo coltivare insieme decorazione, disegno e sperimentazione astratta- Giancarlo Valentini è soprattutto conosciuto per la sua sofisticatissima sensibilità grafica che gli ha meritato l’attenzione di Bruno Munari e la segnalazione a diversi premi specialistici milanesi. Attraverso i suoi splendidi manifesti, Valentini ha accompagnato la storia intellettuale, turistica ed economica delle città di Rimini e Riccione e della Repubblica di San Marino, offrendo un immagine persuasiva ed elegante alle più importanti manifestazioni pubbliche d’interesse nazionale ed europeo tra la fine gli anni Sessanta e l’inizio dei Novanta: le esposizioni fieristiche riminesi, il Premio Riccione per il Teatro, la Sagra Musicale Malatestiana, il sammarinese Festival Teatrale dei Popoli e soprattutto la rassegna “Città Spazio Scultura”, da lui stesso ideata, che, tra il 1973 e il 1980 porterà nelle piazze riminesi i più grandi artisti contemporanei.
Offrendoci ora una sintesi ampia ed esaustiva di questa produzione per il pubblico, l’artista ci svela innanzitutto il suo laboratorio poetico privato, la sua duttile fucina di investigazioni grafiche, cromatiche e – a dir così scultoree, perché le sue Tensioni sembrano quasi declinare in un lessico razionale, le piegature di carta nipponiche, i loro vuoti, le loro ombre. Una trasgressione dei mezzi che sconfina tra disegno, pittura, costruzione tridimensionale e che risente il fascino delle meditazioni spaziali di Lucio Fontana. Mentre nelle loro ruvidità le tele e le jute rasentano di certo un disegno fatto di sovrapposizioni materiche e pittura, un ripensare l’astrazione oltre le due dimensioni. E, al contrario, i Plexiglass possono quasi riportare lo spessore del mezzo-supporto alla purissima pianura del foglio, gareggiando per nitore con le profondità immaginarie della geometria illusoria.
Così l’eleganza delle Sensazioni  o l’ironia arcimboldesca dei Puzzle o ancora le liquide e ondivaghe Serigrafie, sembrano suggerire una felice, ritrovata libertà dalle committenze, un’apertura teatrale all’istinto del disegno che non conosce canoni se non quelli che l’artista dà a se stesso.
Il tratto squisito e le sapienti sovrapposizioni cromatiche non vogliono comunicare altro che la gioia di darsi, come se l’inconscio del maestro dei più bei manifesti riminesi, si fosse liberato una volta chiusa la porta dello studio.

Alessandro Giovanardi