Seleziona una pagina

Cenacolo Belgioioso. Ritratti e caricature milanesi del Risorgimento

A cura di Fernando Mazzocca

Teatro Galli piazza Cavour 23 aprile – 10 luglio 2016

 

                             Chi sarei stato se non avessi potuto vedere gli occhi di coloro che vissero prima di me?

                                                                                                                                          Aleksandr Sokurov

Mi è più volte capitato di ragionare sul fatto che ben poche materie naturali abbiano la proprietà di riflettere.
Lungo l’arco di millenni l’umanità ha potuto specchiarsi quasi solo nell’acqua ferma di uno stagno, nelle pozzanghere formatesi dopo una giornata di pioggia o nei recipienti costruiti dal primario ingegno. Solo dopo lunghi e imperfetti tentativi è riuscita, dall’acquisito dominio dei metalli, a ottenere superfici riflettenti e somiglianti alla visione diretta della realtà. Viene da chiedersi quale percezione avessero di se stesse le persone che vivevano in assenza di quelle misteriose protesi della vista che ci restituiscono le nostre sembianze. E se per un caso fortuito la natura non avesse concesso a quelle poche materie questa proprietà, cosa ne sarebbe stato del mondo? Di certo la nostra vita sarebbe diversa senza nemmeno quel giornaliero appoggio, che talvolta ci rassicura, mentre in altri casi inquieta. Nonostante i successi tecnologici effettuati in questo campo resta il fatto che ognuno di noi vede più spesso gli altri e in certi casi finisce per conoscerli meglio della stessa propria persona. Forse le espressioni più salienti e spontanee del nostro volto ci sono ignote, mentre risultano accessibili, abituali, per chi ci sta vicino. Magari proprio quelle che formano un giudizio nel nostro prossimo, che le fanno innamorare o le fanno allontanare da noi.
La storia millenaria del nostro continente ha assecondato, coltivato e favorito l’arte del ritratto, in maniera maggiore e più sistematica di quanto non abbiano fatto altre culture, altri popoli. Certe religioni hanno finito per limitare o per mettere al bando, assieme alle immagini del divino, anche la raffigurazione umana, la sua parvenza.
Dalla scultura funeraria della Roma repubblicana fino ai giorni nostri, ogni epoca ha potuto trasmettere lo sguardo e le espressioni di un’umanità che mutava. Forse nessun documento storico, meglio di un ritratto, riesce a restituirci l’imponderabile spirito del tempo, assieme ai caratteri di un individuo, irripetibili nella loro essenza. È a partire dal singolo che talvolta si può risalire ad una dimensione plurale. Poter vedere insieme, uno accanto all’altro, più di cento singoli ritratti di importanti personaggi vissuti in una stessa città e nella medesima epoca, ci permette allora di immergere il pensiero in uno snodo cruciale della nostra memoria storica e artistica. Avere poi ancora intatti, ancora uniti in un’unica raccolta, i volti esperti e fieri di coloro che, in quel tempo e in quel luogo, sapevano ritrarre il volto degli altri, costituisce una fortuna ulteriore e un patrimonio di valore incalcolabile.
Palazzo Belgioioso, a Milano e nella stagione risorgimentale, ospitava un cenacolo di artisti che, per proprio statuto aggiungeva alle pareti, il ritratto di ogni nuovo iscritto al circolo della patriottica. Artisti che ritraevano altri artisti dunque, che facevano da specchio nobile ad amici in posa. Il piglio, l’espressione pensante, il taglio della capigliatura, la cura dei baffi o della barba, il colletto inamidato e la vivezza delle pupille, fanno di questi volti un distillato dei singoli caratteri, ma nell’insieme un repertorio acuto e puntuale del senso morale e politico di alcune generazioni di italiani. Questa serie di visi nitidi e sereni, colti nella dimensione feriale di una serata passata a discutere, con un bicchiere a portata di mano e il sigaro che forse li attendeva fumante nel portacenere, ai miei occhi significano molto di più degli stipati dipinti dalla tematica storica, che interpretano episodi del risorgimento nazionale, che dispiegano in immagine la retorica civile e politica del tempo. Con una straordinaria sintesi espressiva, colta nella sobrietà di un unico strumento d’indagine costituito da una matita nera, da un gessetto bianco per i punti di massima luce, col semplice supporto di un foglio di carta color pastello e con la dovizia di uno sguardo attento e misurato, si svolge la disciplina elegante di questi ritratti lombardi. Una eleganza che dall’aristocrazia intellettuale si declina verso i connotati dell’incipiente mondo borghese, quasi senza soluzione di continuità. Tutto questo, grazie alla quantità dei volti ritratti, assume qualcosa di filmico, nel suo insieme.
Si forma una specie di documentario che mette in sequenza le fisionomie e i pensieri, le attitudini e il temperamento di una schiera di pittori e di scultori che hanno segnato il gusto e il costume di una capitale culturale e politica tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.

Massimo Pulini