Seleziona una pagina

La scultura disegnata. Uno stiacciato di Agostino di Duccio dal Castello Sforzesco

Museo della Città via Tonini 1, 23 aprile – 10 luglio 2016

Sala Bellini

 

La scena raffigurata nella lastra attribuita ad Agostino di Duccio mostra un corteo di cavalieri che, in un paesaggio collinare, viene sorpreso da una figura femminile vestita con abiti panneggiati. Lo stupore causato dall’apparizione è osservabile dalle labbra aperte del cavaliere più anziano e della sua compagna, e dal gesto di indicazione di uno dei cavalieri più giovani.
La difficoltà a riconoscere la scena scolpita nel rilievo è acuita dalla complessità delle vicende che hanno caratterizzato la storia della lastra. Essa fu trovata a Covignano, distante da Rimini circa un miglio e mezzo, in un fondo dei Padri Olivetani, e nel 1812 venne acquistata dall’Accademia di Brera di Milano, le cui raccolte confluirono nel Museo Patrio di Archeologia e, nel 1900, nelle sale del Castello Sforzesco. L’opera venne comprata senza conoscerne né il soggetto né l’autore, ma la sua altissima qualità non sfuggì ai membri della commissione delegata dall’Accademia.
Nel 1828, Vincenzo Follini studiò la scena scolpita a bassissimo rilievo sulla lastra, dandone l’interpretazione che resta tutt’ora accettata: l’opera raffigura il viaggio che San Sigismondo, re dei Burgundi, intraprese dopo aver ucciso il figlio avuto dalla prima moglie. Il rilievo, dunque, mostra il momento in cui un angelo ordina al corteo regale di fermarsi sul luogo del martirio di San Maurizio per fondare il monastero di Agauno nella Gallia narbonese (oggi Saint-Maurice-en-Valais). Per riconoscere in Agostino di Duccio l’autore dell’opera si dovette attendere il 1882, con la proposta di Charles Yriarte. Sia l’interpretazione avanzata da Follini sia l’attribuzione dell’opera trovarono conferma nella più precisa ricostruzione delle vicende del rilievo proposta da Corrado Ricci nel 1924, quando lo storico dell’arte dimostrò che la lastra era originariamente collocata nel Tempio Malatestiano e, nello specifico, nella cappella di San Sigismondo, fra la mensa dell’altare e la nicchia contenente la statua del santo. Secondo Ricci, nel 1581 la lastra venne coperta da una ricca ancona dipinta da Francesco Longhi, atto che causò la rimozione dell’opera di Agostino di Duccio e il suo spostamento nell’abbazia olivetana di Scolca, presso Covignano. I cambiamenti di sede subìti dal rilievo trovano conferma nelle erosioni lungo il perimetro della lastra e negli incavi eseguiti probabilmente per favorire diversi ancoraggi, come è emerso dall’attento esame autoptico condotto nel 2006 dalla ditta di restauro ACONERRE, che ha, inoltre, rilevato segni di manipolazione molto pronunciati nella zona del cielo.
Agostino di Duccio dovette scolpire il rilievo entro il 1452, anno di consacrazione della cappella: nell’opera si osserva la via personale raggiunta a Rimini dall’artista, caratterizzata da un linearismo armonioso ed elegante, quasi dimentico della lezione plastica appresa dal maestro Donatello. Nel rilievo, l’evidenza prospettica è resa tramite il digradare dei volumi: l’opera risente della formazione fiorentina dell’artista e, insieme, del mondo cortese di Pisanello, riecheggiante l’atmosfera erudita della corte malatestiana. Il gusto di Agostino di Duccio per l’antico venne riconosciuto dallo storico dell’arte Aby Warburg nell’angelo scolpito al centro della scena, le cui vesti panneggiate ricordano i rilievi neoattici con Menadi danzanti.