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Luca Piovaccari. La stagione del disincanto

Testo a cura di Alberto Zanchetta

Ospiti al Museo della Città via L. Tonini 128 aprile – 15 luglio 2018

 

Gli edifici con filo e chiodi di Luca Piovaccari sono gli scheletri che infestano le avanguardie e il postmoderno, eredità di cui l’artista si serve a guisa di recupero (di tipo scenografico, che più verosimilmente potrebbe essere tacciato di osceno-grafia), un reçu teso ad evidenziare un’ammissione di colpa verso l’ambiente e il discutibile riconoscimento del razionalismo come stile di vita. Fanno loro da corollario una vegetazione “infestante” – significativo l’aggettivo scelto dall’artista – e alcune fotografie su lucido, visione frammentaria ma coincidente, dai toni slavati, che filtra e allo stesso tempo rifrange la luce per destabilizzare la percezione. Denunciando il degrado ambientale cui il paesaggio è sottoposto, l’acetato di Piovaccari diventa radiografia di un male, ne individua la causa ma non la cura. Inutile cercare di medicare dopo aver inflitto la ferita? Vero è che rispetto alle precedenti foto in b/n il fluxus sanguinis del colore ha ripreso a irrorare le immagini, restando pur tuttavia esangui Evanescenze che vorrebbero essere rinvenimento [alla vita] ma che al contrario si riducono a un deperimento, nella fattispecie di cascami della civiltà.