Seleziona una pagina

 

Pablo Picasso. le Celestine

a cura di Alessandra Bigi Iotti

Castel Sismondo piazza Malatesta 28 aprile – 15 luglio 2018

La Celestine è una suite di 66 incisioni – acqueforti, acquetinte e puntesecche – eseguite da Picasso nel 1968 per illustrare la tragedia satirica attribuita a Fernando de Rojas, La Celestine, prima opera drammatica spagnola pubblicata a Burgos nel 1499. L’opera narra la storia tragicomica di Celestina, simbolo fatale ed ironico del femminino. La trama è semplice: nella speranza di guadagnarsi una lauta ricompensa, la vecchia e astuta Celestina fa da intermediaria nella vicenda sentimentale di Calisto e Melibea. L’intreccio si conclude in tragedia: la morte accidentale di Calisto, il disonore e il conseguente suicidio di Melibea; anche Celestina e i suoi complici periscono.

Il romanzo di Rojas fu subito uno dei più importanti casi letterari ed editoriali della cultura spagnola. “Fu paragonata alla scoperta, negli stessi anni, delle miniere del Nuovo Mondo. Fu la miniera del teatro nazionale spagnolo. S’intitolava Tragedia di Calisto e Melibea. Il Rinascimento italiano la ribattezzò La Celestina, e con questo nome la impose all’Europa”.

Alla serie di edizioni del testo originali seguirono in breve numerosissime traduzioni in tutta Europa; riletture e rivisitazioni attraversano diversi generi letterari, dal teatro alla poesia al racconto dialogato. Questa storia, che ruota attorno all’amore, al denaro e al tradimento fu sempre cara a Picasso, che ne collezionò diverse edizioni.

L’originale edizione tradotta in francese da Pierre Heugas – tirata in 400 esemplari numerati e firmati su carta Canton du Moulin Richard-de Bas – e illustrata da Picasso, continua e rinnova questa tradizione. Le 66 incisioni, realizzate con una urgenza espressiva dirompente e ossessiva (dall’11 aprile al 18 agosto 1968) da un Picasso ottantasettenne, sono il racconto di una vita, la narrazione sagace e ironica del suo immaginario erotico e onirico. Sappiamo che era impaziente di vedere la stampa non appena tirata dai fratelli Aldo e Piero Crommelinck, che avevano installato il loro atelier a Mougins, dove Picasso viveva con Jacqueline.

L’interesse di Picasso per la figura di Celestine, come è noto, risale almeno al famoso ritratto della mezzana cieca da un occhio, La Celestina appunto (1904), realizzato nel periodo trascorso a Barcellona e capolavoro del cosiddetto periodo blu.

La suite di incisioni rielabora all’infinito, con fare compulsivo, alcuni dei temi più cari all’artista restituendo l’idea di un Picasso “burlone” che osserva, non visto, e racconta con vivacità e ironia l’aspetto grottesco del mondo attraverso immagini poetiche e irriverenti. Diversi i procedimenti che il maestro impiega – passa con disinvoltura dall’acquatinta all’acquaforte, all’incisione a secco – in una sorta di laboratorio sperimentale. Perché, d’altronde, “Picasso non cerca, trova”.

Ritorna con ossessiva costanza in molte delle acquetinte della Celestina il ciclo de “Il pittore e la modella”, rivisto e rielaborato prevalentemente all’acquatinta e  caratterizzato dal contrasto drammatico dei bianchi e dei neri, in una sorta di spregiudicato recupero della pittura tenebrosa spagnola del Seicento. Altrettanto stringente è il rapporto con il ciclo, parallelo,  “Raffaello e la Fornarina”, nel quale, similmente, Picasso, in vesti di volta in volta differenti – abiti ecclesiastici, esotici, eccentrici ed in ultimo in abiti moderni – spia i rapporti amorosi tra Raffaello e Fornarina, al secolo Margarita Luti da Siena.

Per molto tempo le incisioni di Picasso furono interpretate semplicemente come raffigurazioni pornografiche realizzate dall’anziano artista per alimentare il proprio desiderio ormai spento. Ma la complessità del loro significato fu rimessa in discussione nel 1972 dagli scritti di Gert Schiff e Leo Steinberg, che misero in luce la metafora rappresentata dall’artista. Picasso scelse Raffaello perché rappresenta il pittore per eccellenza, il mito immortale e senza tempo della pittura. L’artista ama ciò che dipinge – la sua modella – e nel farlo ama anche la pittura. Il voyeur è l’occhio invadente del terzo individuo, lo spettatore.

Ogni spettatore, osservando un dipinto, sbircia nel processo creativo intimo dell’artista, spia quell’atto d’amore tra l’artefice, il suo soggetto e la pittura. L’energia vitale del sesso è nell’arte di Picasso una metafora del suo potere creativo. Una metafora efficace per Picasso che, come Raffaello, era noto per le sue avventure amorose e per le sue amate, spesso modelle delle sue opere.