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Davide Benati. Arpabirmana

a cura di Alessandra Bigi Iotti

FAR Fabbrica Arte Rimini Piazza Cavour, 28 aprile – 15 luglio 2018

“… Ma tutto questo che mi passa dentro agli occhi, e che io pure decifro con esattezza minuziosa, è così rapido nella sua inarrestabile corsa che è solo un colore: è il malva del mattino sull’altopiano, è lo zafferano dei campi, è l’indaco di una notte di settembre, con la luna appesa all’albero sullo spiazzo di fronte alla vecchia casa, l’odore forte della terra…”

Antonio Tabucchi, da “Lettere dalla penombra”, 1986

“A chi gli chiedeva perché l’inchiostro si allargasse a macchia, perché i confini del fiore esalassero in liquidi, inafferrabili atmosfere, così rispondeva: ‘I soffi sono dissimili in diecimila modi. Sono tonfi, sibili, urli, sospiri, richiami, lamenti, borbottii, gemiti. Ma trascorso il vento, le cavità restano vuote. Ecco, è questo momento che vorrei dipingere: allorchè il vento sta cessando, ma ancora s’avverte tra i fili dell’erba, e già si fa vuoto”.

Massimo Cacciari, da “Ma trascorso il vento”, 1986

“Nelle carte di Benati ogni fatto formale e coloristico – e sono tutt’uno – non vuole solo raccontare un sogno, desiderio, batticuore, ma essere sogno, desiderio, batticuore. L’elaborazione dell’emozione naturalistica acquista un timbro che si ripercuote, che determina altre pulsazioni emotive, che relaziona distanze e intensità. Lo spazio di Benati è pieno di appelli alle sensazioni, alle impressioni e la sua idea di bellezza sembra voler seguitare ad espandersi sempre più”.

Lea Vergine, da Batticuore e Desiderio o Il batticuore del desiderio, 1988

“Lontano da un uso retorico della citazione, l’arte di Benati dà corpo a un poema di fantasmi allusivi, immagini vegetali e spazi di arcana bellezza, sottomette dunque ogni riferimento al velo del colore come materia sospesa sul crinale dei sogni”.

Claudio Cerritelli, da “Davide Benati. Doni della bassa marea. Opere su carta (1978-2017)”, Accademia di Belle Arti di Brera

“Distillare la pittura da quelle espressioni supreme che sono i fiori, nel modo in cui lo fa Davide Benati, trova analogia con l’arte di ottenerne essenze profumate. Il pennello raccoglie una soluzione cromatica e la carta la fissa, nel mezzo ci sono gesti calibrati del corpo e del pensiero, quel che infine viene restituito ha qualcosa di aereo, come la filosofia”.

Massimo Pulini, da La pittura essenziale, 2018

“Come un alchimista Davide cerca, sperimenta, crea i colori uno per uno. E il colore è il cuore della sua pittura. Maestro del colore, padroneggia con scienza i rapporti, le quantità, i contrasti e le dissonanze, i diversi gradi di luminosità, le trasparenze o piuttosto il loro saturarsi. Ma questi colori profumano d’Oriente.  Sono forse spezie di un mercato di paese birmano? sono le distese di fiori gialli del mercato di Durbar Square a Kathmandu? o i tessuti  intrisi di colore appesi ad asciugare? Sono i colori “sontuosi”di Benati: il rosso cadmio e quello scuro di garanza, il giallo cadmio, i malva e le infinite variazioni del verde. Come smeraldi, rubini o zaffiri accecano per la bellezza, ma trattengono in profondità il loro mistero”.

Alessandra Bigi Iotti, da “Febbraio 2018 nello studio di Davide Benati”